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Intervista al bartender Massimo D’Addezio

Definire Massimo D’Addezio un bartender è riduttivo. Professionista eclettico in grado da passare dalla direzione del bar dell’Hotel de Russie, al piccolo ed informale gioiellino CO.SO. al Pigneto, e reinventarsi ancora nell’elegante Chorus Cafè in via della Conciliazione a pochi passi dal Cupolone. Prima ancora che nella miscelazione, esprime il suo talento nella capacità di fare accoglienza. Dal jet set internazionale ai giovani modaioli fino ai turisti occasionali, ognuno prima ancora di ordinare un drink ha la sensazione di essere accolto a vivere un’esperienza e soprattutto a sentirsi a proprio agio. Alcune sue ricette possiamo trovarle nel libro Spirits. Le ricette “segrete” di un barman semiserio.

Ha risposto per noi a qualche domanda:

Quella dell’orientamento verso il cliente è un’arte che si impara come le ricette dei cocktail oppure richiede una predisposizione naturale?
L’arte dell’accoglienza non si impara, è insita nelle persone che sanno cosa è l’ospitalità.

Da qualche anno quella del bar tender è una professione che attrae parecchi giovani che si iscrivono a scuole e corsi. Durante le tue lezioni c’è un aspetto sul quale ritieni opportuno soffermarti maggiormente? La tecnica, il rapporto con il cliente, oppure la scelta delle materie prime?
Far capire cosa è il concetto “clientecentrico” è fondamentale per poter essere un barman. Il barman o barista è colui che sa vendere un servizio, che sa servire ad un cliente, con la stessa dignità, un bicchiere di acqua o un cocktail Martini. Una volta che è ben chiaro cos’è il buon vivere si può parlare di come si fa un cocktail.

Noi vediamo nel nostro negozio ragazzi molto giovani che seguono l’esempio dei colleghi più esperti come te e preferiscono acquistare spezie, erbe e aromi naturali piuttosto che approfittare della comodità di essenze, sciroppi e altri prodotti pronti all’uso. In che modo l’utilizzo delle materie prime ha influenzato questa nuova onda nel mondo della miscelazione?
Diciamo che ad un certo punto qualcuno ha un po’ esagerato con gli home made, andando ad utilizzare in maniera talvolta sbagliata e pericolosa materie prime. Oggi il buon senso e la diffusione di corsi appropriati, stanno aiutando a normalizzare la situazione.

Se dovessi consigliare qualche ricetta semplice che i nostri amici possono preparare per accogliere i propri ospiti sul divano di casa quali spezie potrebbero utilizzare?
Il Pepe di Tasmania che da il nome a uno dei miei drink il Diavolo della Tasmania – 50 ml tequila, 30 ml triple sec, 20 ml di succo di lime, grani di pepe di Tasmania, sel de vigneron.
Poi il sale affumicato, i petali di rosa, il pepe selvatico del Madagascar, radici come rabarbaro e genziana o la liquirizia presente in Una Vita da Signori – 30 ml Mezcal Artesanal, 30 ml Vermuth Ambrato, 20 ml Amaro Formidabile, radice di liquirizia. E poi ancora cortecce come ad esempio la china.

Diavolo della Tasmania cocktail

Comunque possiamo consigliare di usare semplicemente la fantasia e personalizzare anche un semplice gin tonic con un pepe o una spezia insolita?
Certo, con la fantasia e con cognizione di causa. Faccio un esempio, molte volte vedo aggiungere delle bacche di ginepro dentro ad un gin tonic: cosa ci aspetta che accada ad una bacca immersa in un liquido freddo e non aperta da una macinatura, che permetterebbe la macerazione (che comunque necessiterebbe di ore se non di giorni) nei minuti che si sorseggia un drink? Ecco perché è utile entrare in un luogo come l’Emporio delle spezie e lasciarsi consigliare.

 

Il bar è un luogo, dove lo scorrere dei minuti cambia e dove finalmente possiamo compiacere noi stessi, nell’intervallo di tempo tra quandofiniamo di compiacere gli altri e… qualcuno comincerà a compiacere noi

Massimo D’Addezio

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