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Sulla via di Damasco, al sapore di spezie

Continuano le collaborazioni tra l’Emporio e la poliedrica Laura Pinelli che, con la sua associazione Pachis, riesce a creare eventi nei quali storia, arte e archeologia sposano la gastronomia.
Il viaggio che abbiamo ripercorso, stavolta, è addirittura quello di un santo: Paolo di Tarso.

Nato in Turchia, Paolo comincia le sue peregrinazioni come persecutore dei primi cristiani. Si converte, in seguito, sulla via di Damasco, dopo essere stato folgorato da una grande luce, come racconta la Bibbia. Inizia, quindi il suo percorso come predicatore che lo porterà a Gerusalemme, poi in Grecia e infine a Roma dove finirà martire sotto la persecuzione di Nerone, guadagnando la qualifica di Santo.

È nel luogo d’arrivo che ha inizio il nostro incontro, proprio davanti alla basilica di S. Paolo sulla via Ostiense. Qui troviamo un ristorante che con il santo condivide il nome ellenico di nascita: Saulo.

La struttura sorge, praticamente, sopra la necropoli che si estende dalla rupe fino alla sponda del Tevere. Oltre, ovviamente, che per la cucina, vale la pena visitare il ristorante per godere del magnifico cortile all’interno dell’area archeologica, e salire per un aperitivo al tramonto sulla bella terrazza panoramica.
Tra Turchia e Siria parte anche il nostro viaggio gastronomico.

Iniziamo con l’antipasto a base di focaccia con alici marinate al sumach (una spezia dai sentori agrumati e aciduli largamente utilizzata nella cucina turca e mediorientale) accompagnata dalla muhammara, una salsa a base di peperoni, noci, melassa di melograno e peperoncino di Aleppo. Un piatto fresco che gioca su equilibri agrodolci e tra piccantezza e sapidità.

Primo piatto: raviolo cacio e pepe con brunoise di pomodoro verde allo zahtar. Contaminiamo un classico della cucina romana con una delle miscele di spezie e semi tipiche dei mercati di Gerusalemme: lo zahtar, che lo chef Simone ha utilizzato per condire la dadolata di pomodori verdi. Questa miscela è composta da timo, origano, sesamo decorticato e sumach che abbiamo già utilizzato nell’antipasto. È la marinatura perfetta per esaltare il gusto del pomodoro, che a sua volta alleggerisce i ravioli cacio e pepe.

Secondo piatto: Lombo di maiale in dolce cottura al kofte, salsa tzaziki, patate al naturale. Kofte in persiano significa carne pestata. Dai Balcani alla Grecia all’india passando per Egitto, e Medioriente la tradizione di fare polpette speziate con diversi tipi di carne, fritte, al forno, oppure cotte alla brace è da sempre largamente diffusa. Usiamo la miscela composta da spezie dai sapori caldi come pepe, cumino e pomodori secchi, insieme ad erbe aromatiche per insaporire un lombo di maiale, accompagnato dalla classica salsa greca tzaziki a base di yogurt cetrioli e aneto.

Dolce: Tart tatin alle pere, pepe verde vanigliato gelato al fior di latte. Pochi elementi hanno caratterizzato la cucina dell’antica Roma come l’abbondante utilizzo di pepe. Quello verde aromatizzato alla vaniglia, che esalta il gusto delle pere nella tartatin, è il protagonista del dessert, e celebra la fine del nostro viaggio.

Non abbiamo ambizioni di santità ma contiamo di ripetere presto la serata con lo stesso menù che sembra sia stato gradito dai commensali.

Non ultima la concordanza dell’evento con le Giornate europee dell’archeologia

Si ringrazia il ristorante Saulo per l’ospitalità.
Si ringrazia, come sempre, Martina Caroli che, complice della luce dorata di un tramonto romano, rende tutto e tutti più belli.

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