Il Mirto, è la pianta arbustiva sempreverde e simbolo della Sardegna. Dalle foglie lucide e dai fiori bianco-rosacei, il mirto (o Myrtus Communis) cresce in tutta l’area mediterranea, ma non solo. Sono utilizzate sia le foglie che le bacche.
- Dove cresce
- Proprietà benefiche e controindicazioni
- Il mirto in cucina
- Simbologia, tradizioni e leggende
- Il liquore di mirto
- Il mirto bianco
- Mirto: bacche o semi per la coltivazione amatoriale
- Mirto: pianta in vaso
Dove cresce
Il colore della sua corteccia serve a stabilirne l’età, con tinte che variano dal rossastro per gli esemplari più giovani, al marrone con sfumature bluastre per quelli più maturi. Lo si può trovare in Irlanda e Inghilterra, dalla Spagna alla Francia, dalla Grecia all’Italia, e qui in particolare è praticamente simbolo della Sardegna. In questa regione all’inizio degli anni ’90 il mirto è stato oggetto di intensa attività di miglioramento genetico da parte del Dipartimento di Economia e Sistemi Arborei dell’Università di Sassari. Il risultato è stato la selezione di circa una quarantina di cultivar (varietà agrarie di una singola specie botanica) da destinare principalmente alla produzione del famoso liquore di mirto. Ancora in Sardegna la sua diffusione e uso nella tradizione popolare ed enogastronomica ha fatto si che nel corso del tempo il nome venisse declinato in tanti modi diversi in base al dialetto del territorio.
I tanti nomi del mirto
Nel dettaglio il mirto è noto nella provincia di Sassari come murtizzu, nella provincia di Cagliari come murta, nella provincia di Nuoro come multa, ma anche murtiu, mulstra, ecc.
Proprietà benefiche e controindicazioni
Molto efficace in caso di problemi di digestione e contro le cistiti il mirto possiede notevoli proprietà antinfiammatorie, utile anche per alleviare gengiviti ed emorroidi. Ha la capacità di rinforzare il sistema immunitario, è utile contro psoriasi, insonnia, meteorismo, ed è un astringente naturale per la diarrea. Come pianta dalle forti note aromatiche ha un rilevante contenuto di olio essenziale, di resine e ti tannini. In campo erboristico, officinale e farmaceutico sono noti suoi utilizzi come ingrediente per la produzione di creme cosmetiche indicate per le pelli sensibili. Per le sue capacità antisettiche è da sempre usato per curare le affezioni delle vie respiratorie, può regolare inoltre i livelli di zucchero e di colesterolo nel sangue. Esistono studi che ne rilevano le proprietà benefiche anche come antitumorale e con azione di contrasto contro demenza e Alzheimer. Non sono note particolari controindicazioni nell’assunzione del mirto tranne una soggettiva ipersensibilità allergica. Meglio non somministrarlo a donne in gravidanza o ai bambini al di sotto dei due anni di età. Sotto il profilo nutrizionale è adatto a chi segue diete poiché ha solo 20 calorie per 100 grammi di bacche. Tutto ciò a dispetto del suo elevato contenuto di vitamine, specialmente del gruppo C, acido citrico, antiossidanti e principi attivi (geraniolo, pinene, mirtenolo, catechina).
Il mirto in cucina
Per scopi culinari vengono usate le foglie essiccate per insaporire le pietanze, sia a base di pesce che di carne. Nella tradizione gastronomica sarda il mirto è molto usato come condimento per insaporire e aromatizzare pollame bollito o arrosto, manzo, e selvaggina di penna (merli, storni, tordi). Non si poteva non menzionare anche l’utilizzo nella preparazione del maiale, o meglio del porceddu piatto tipico sardo che vede proprio il mirto tra gli ingredienti principali. Viene prodotto anche il miele, diffuso sia in Sardegna che in Corsica, la marmellata, il thè freddo aromatizzato e il gelato al gusto di mirto. Oltre alle foglie sono molto utilizzate anche le bacche.
Simbologia, tradizioni e leggende
La parola Mirto deriva dal latino Myrtos, termine legato al mito greco di Myrsine, ragazza dalle eccezionali doti atletiche che venne tramutata da Pallade proprio nella pianta a cui dona il nome. Da qui l’usanza diffusa nel popolo ellenico di cingere il capo dei vincitori dei giochi con corone fatte di mirto. Altre fonti vogliono che il mirto sia legato anche a Venere, dea dell’amore, che dopo il giudizio di Paride venne incoronata con un diadema fatto con questa pianta. Ovidio racconta che alla sua nascita Afrodite uscendo nuda dalla schiuma del mare si nascose dietro un cespuglio di mirto per ripararsi dagli sguardi. Con Venere ed altre figure divine o semi divine si deduce l’assimilazione del mirto al concetto di femminilità e fecondità. Questo legame tra vita, morte e rinascita è espresso anche nella leggenda di Dionisio che portò in dono delle piante di mirto ad Ade, dio degli inferi, per riavere indietro la madre Selene. In epoca romana il mirto era considerato simbolo di gloria, di amore eterno e di prosperità. Non a caso la leggenda vuole che Romani e Sabini, dopo il ratto delle fanciulle si riconciliarono piantando due alberi di mirto ai piedi del Campidoglio. Sempre nell’antica Roma Tito Livio narra che l’Urbe era nata nel punto esatto in cui erano spuntati arbusti di mirto. Durante il medioevo dalle piante di mirto i profumieri ricavavano un essenza chiamata acqua degli angeli. In epoca contemporanea, ancora oggi in Germania, il mirto è usato come pianta propiziatoria nelle cerimonie nuziali.
Il liquore di mirto
Tipico della Sardegna, al pari del limoncello campano, è ricavato dall’infusine delle bacche di mirto in alcol, acqua e miele. Ha un gusto intenso e un aroma persistente, è così radicato nella cultura del territorio che se ne tramandano non solo ricette locali ma, addirittura, di famiglia in famiglia. Le sue origini vengono fatte risalire all’usanza popolare dell’Ottocento quando il mirto veniva preparato in casa tramite macerazione delle bacche mature, per lo più per il consumo personale. Fino agli anni ’90 la sua diffusione e notorietà era per di più regionale, ma ora è noto ed apprezzato sia a livello nazionale che internazionale, anche tramite canali e-commerce. Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali lo ha inserito nella lista dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) definendone anche metodi di raccolta, lavorazione, conservazione e produzione. Oggi a livello industriale ci sono circa 4 o 5 marchi certificati che lo realizzano commercialmente, e dato il crescente interesse per il prodotto i vari distretti si sono associati per promuoverne e tutelarne la qualità. Nel 1994 è stata infatti istituita l’Associazione Produttori Mirto di Sardegna, anche con lo scopo di contribuire ad indicarne uno standard che ne preservasse le peculiarità aromatiche, chimiche e organolettiche.
Qui la ricetta del mirto fatto in casa: Ricetta Mirto.
Il mirto bianco
Quando si parla di “mirto bianco” in realtà non ci si riferisce ad una specifica specie o varietà della pianta, ma piuttosto ad una qualità di “liquore di mirto” ricavata dai germogli (o bacche bianche) invece che dalle bacche mature. Nello stesso modo esiste anche una versione denominata mirto nero, a seconda delle caratteristiche di crescita e pigmentazione dei frutti. Il sapore del mirto bianco è lievemente più aspro del liquore tradizionale, nota determinata sostanzialmente da semi che sono stati colti in uno stadio più acerbo. Nonostante ciò conserva il suo retrogusto delicato e la sua persistenza aromatica.
Mirto: bacche o semi per la coltivazione amatoriale
La riproduzione del mirto attraverso i suoi semi, vale a dire le bacche, è praticamente la più semplice e indicata per la coltivazione domestica amatoriale. Si ottengono piantine meno robuste che a loro volta danno frutti non prima di 4 anni. Basta attrezzarsi con una cassetta da riempire di terriccio, sbriciolando le bacche e distribuendo questa sorta di “semenza” in maniera uniforme. In seguito occorre innaffiare con frequenza e moderatamente, badando a non esporla all’esterno nei periodi e nelle zone troppo fredde. Il terreno va preparato evitando che si formino zolle dure che possono ostacolare la formazione delle radici. È una pianta abbastanza robusta e non richiede particolare concimazione, e la messa a dimora si può fare in autunno oppure in primavera.
Mirto: pianta in vaso
Per la coltivazione in vaso occorre un contenitore sufficientemente ampio per fare in modo che le radici si sviluppino senza ostacoli. Il vaso può essere riempito con semplice terriccio da campo arricchito con compost casalingo. Alla base è bene disporre dell’argilla espansa per evitare ristagni d’acqua. Il mirto richiede frequente annaffiatura, tuttavia bisogna prestare attenzione a farla asciugare per bene tra un’irrigazione e l’altra. Una volta che la piantina è cresciuta abbastanza la si può trapiantare alla fine dell’inverno, ad esempio a febbraio. Per conservare i rami più giovani ed eliminare quelli secchi si consiglia di effettuare una piccola potatura all’inizio della primavera, intorno a marzo.
Foto di apertura: wikipedia