I ristoranti Ginger: il nome non potrebbe essere più appropriato per una collaborazione e per ospitare l’Emporio in trasferta. Nelle loro due sedi, offrono, dalla colazione alla cena, una proposta gastronomica variegata, con un’attenzione particolare ai prodotti, sempre freschi e naturali.
L’idea nasce in un pomeriggio caldissimo della scorsa estate, proprio nella sala al primo piano del ristorante. Nasce insieme a Laura Pinelli, archeologa, storica ed esperta di gastronomia (attualmente responsabile delle relazioni esterne) e insieme alla chef di casa, Sharon Landersz.
Inizialmente si parla di tutto, tranne che dei piatti da proporre: c’è soprattutto la voglia di esporre agli altri il proprio punto di vista sulla materia trattata.
Si pensa di sviluppare la serata come una sorta di racconto, in cui ad ognuno spetta un ruolo. Decidiamo che l’appuntamento sarà in autunno, quasi inverno, e che il ruolo giocato dalle spezie sarà quello di accogliere i commensali, in un abbraccio caldo e dolce.
L’intento è quello di stimolare il gusto e la vista con i piatti, l’olfatto con i barattoli di spezie – che girano tra i tavoli – l’udito e la fantasia con racconti e aneddoti.
DIDONE – Sharon dà il benvenuto ai partecipanti con un piccolo giardino mediterraneo, che contiene Fili di grano duro alla rapa rossa, pale di fico d’india, Guanciale croccante, crema di avocado e polvere di sumach. Un piatto dedicato a Didone, fondatrice e regina di Cartagine, e figura di riferimento nella mitologia greca. È un gioco di consistenze, da quella gelatinosa delle pale di fico d’india, a quella cremosa dell’avocado a quella croccante dei fili di grano duro e del guanciale. Sopra il tutto, il sumach, con la sua sapidità e acidità.
L’ORO DI ALBIUS – L’antipasto è dedicato al giovane schiavo Edmond Albius, famoso suo malgrado. I coloni francesi, nell’isola di Reunion, nell’800, riuscivano a coltivare la varietà di orchidea da cui si ottiene la vaniglia, ma non a raccoglierne i baccelli, che si formano solo dopo l’impollinazione del fiore. Importando dal Messico le preziose piante, ma non l’insetto responsabile dell’impollinazione, è merito del giovane Edmond, che trovò un metodo manuale, se oggi si riesce ad avere nell’ex colonia francese, e soprattutto nel vicino Madagascar, una delle più importanti produzioni di vaniglia. Nessuno può dirci con esattezza se la scoperta fu frutto di perizia o casualità, di certo sappiamo che al giovane è stata dedicata una statua e che è sicuramente il personaggio storico più celebre dell’isola. Tutti gli aromi della vaniglia sono stati estratti delicatamente in oliocottura, un lento processo di infusione dei baccelli, immersi in olio a 40° per diverse ore. Se ne ricava un condimento usato per condire la gallina bollita e le puntarelle adagiate sulla ricotta di bufala. Abituati a usare la vaniglia quasi sempre in applicazioni dolci, in questo piatto si riesce a coglierne anche delle delicate note amare.
LA CORONA DI CARLO V – Uno dei più classici abbinamenti della cucina romana è quello tra i ceci e il baccalà. Qui aggiungiamo del macis – il mallo della noce moscata – sia durante la cottura, sia fritto, come guarnizione, talmente è bello. A Laura sembra una corona, ma non una corona qualunque: quella di Carlo V, Re di Spagna, che finanzia la spedizione di Magellano per trovare il passaggio a sud ovest tra Sud America e Terra del Fuoco, per raggiungere le isole delle spezie, nell’oceano indiano, senza passare per l’Africa. Un re, un navigatore e la noce moscata (probabilmente la merce più preziosa, insieme all’oro, all’epoca) sono stati i tre elementi che hanno dato luogo alla prima circumnavigazione del globo terrestre, passando per lo Stretto di Magellano. Forse senza quel motore, che sono state le spezie, per un’impresa di questa portata si sarebbe dovuto aspettare qualche secolo. Oltre al macis, alla zuppa è stata aggiunta della mozzarella di bufala affumicata, ad amalgamare il tutto.
LA REGINA DI SABA – la degna conclusione della cena è un dessert di grande equilibrio. Solo apparentemente eccentrica è la scelta di lasciare in infusione nell’amaretto di Saronno, per diversi giorni, delle bacche di pepe lungo rosso di Cambogia. La riduzione in sciroppo risulta un nettare, dove la mandorla è esaltata dalla dolcezza e i profumi caldi del pepe, che rilascia solo nel finale la sua piccantezza, lieve ed elegante. A bearsi della salsa è un semifreddo di cachi, accompagnato da una dadolata dello stesso frutto, a temperatura ambiente. In un solo dolce la sincerità di un semplice frutto di stagione, la raffinatezza e la tecnica di una chef poliedrica.
La ciliegina sulla torta? Ginger candito da Sharon.
La curiosità e le domande stimolanti degli ospiti, che oltre a gustarsi la cena hanno partecipato alla conversazione, in un’atmosfera amichevole e conviviale, ci fa pensare che a questo appuntamento ne seguiranno degli altri.
Si ringraziano:
Martina Caroli per il racconto fotografico